Il
cuore batte al ritmo alternato della pallina. Una gattina che sbircia
timidamente da sotto il tavolo da ping pong, perdendosi nel profumo di polpette
e purè con lo zucchero, torta di pane, meringhe con panna.
Sorrisi
fotocopiati da carta patinata, che riescono ad avvicinare anche gli estranei a
riempire la ciotola troppo vuota.
Gabbiano
Jonathan, solitario nel cielo, beandomi per un alito di vento sul mio viso. Poi
le cadute sull’asfalto graffiante. Ma non mollo e riparto alla ricerca di un
nuovo cielo da percorrere.
Adagio,
andante, moderato, allegro: varianti di tempo in una calibrata organizzazione
di vita, scandita dal regolare ticchettio di un metronomo.
Ordinato.
Ritmato.
Dall’alto
della torre, gestisco il corretto andamento del traffico in corso. Il controllo
mi rassicura, l’imprevisto è una sfida da riportare tra le righe.
Tutto
previsto, calcolato, voluto. Tutto, tranne me.
Mi avvolgo fra strati di coperte, baco da seta nel
bozzolo cerco
una soluzione .
Un
respiro.
Il
metronomo riparte. Tiiiic, taaaac, tiiiic, taaaac… Lento, lento, come il
regolare ron-ron del mio gatto.
Timide
immagini si affacciano, tra ali che volano nella vita sospinte dal vento in
cerca di cibo. Strappi dolorosi, rimedi laceranti.
Metronomo impostato su
una partitura da eseguire in sicurezza.
Le fusa scandiscono il
tempo, che passa, in attesa che il bruco diventi farfalla.
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