6 dicembre 2015

18. MISANTROPHY


misantropia
mi·ṣan·tro·pì·a/
sostantivo femminile
Sentimento di avversione nei confronti dei propri simili, per lo più provocato da incapacità di prender parte alla vita attiva e accompagnato da uno scontroso desiderio di solitudine.

In questi giorni ci ho pensato: credo di soffrire di misantropia.
Io non amo le riunioni di gruppo, le cene tra vecchi amici, i dopo-lavoro tra colleghi. Tutto mi sembra innaturale, una forzata continuazione di un rapporto di necessità e non di scelta. I colleghi, i compagni di scuola non sono persone che si scelgono, ma che ci vengono in un certo senso imposte dalla situazione, con cui talvolta si crea feeling, complicità, e altre volte si sopporta per quieto vivere.
Ecco. Io non ho mai amato partecipare alle classiche “cene di fine anno”: quelle di classe (come studente prima e come genitore poi) o quelle di lavoro. Intendiamoci, il fastidio non è (quasi mai) a causa di commensali non graditi, quando un'insofferenza quasi fisica a una specie di ingerenza nel “mio” tempo, quello non dedicato a obblighi, necessità o convenienze.
La situazione è inconsueta, lo capisco, quindi cercherò di spiegare il mio pensiero.

Passare gran parte della giornata a scuola o al lavoro, in una sorta di prigione fatta di compromessi, regole, doveri, crea in me una forma di repulsione a dilungare l'orario di convivenza oltre a quello previsto. In pratica, volendo ricordare il detto “prima il dovere e poi il piacere”, io vedo il lavoro come “il dovere” e, anche se a tratti può diventare piacevole (specie nelle relazioni personali), io non amo mescolarlo con il mio momento di “piacere” inteso come tempo libero.
La settimana scorsa ho voluto fare un'eccezione. Ho deciso di partecipare (tra mille dubbi e perplessità) a una reunion di vecchi compagni di classe, persone con cui andavo a scuola quasi 35 anni fa. Perchè l'ho fatto? Principalmente perchè ho pensato che chi si era dato tanta pena per ritrovare tutti i compagni dopo anni di silenzio meritasse il mio rispetto e poi per dare uno scossone a una forma di amnesia a me sconosciuta. Da quando sono stata contattata ho cercato di dare un volto a tutti i nomi che leggevo nel gruppo what's up creato ad hoc e guardando le foto dell'epoca ho provato ad abbinare i nomi: il risultato è stato frustrante, un disagio crescente. Non riuscendo ad avere dei ricordi ho pensato che dovevo incontrare di persona tutti gli ex compagni per capire il perchè di questa perdita di memoria. Quindi, in un certo senso, ho inserito il “dovere” in orario “piacere”.
I convenuti, per la maggiorparte degli sconosciuti che sono rimasti tali, tutto sommato si sono rivelati essere persone piacevoli. Chiacchiere, risate, brindisi, musica... Non c'è stato disagio concreto, ma in me cresceva l'ansia. In quel contesto non mi sentivo me stessa, una forma di fobia mi stava assalendo. Sentivo qualcosa che mi stringeva la gola, rendendomi difficile il respiro e le orecchie iniziavano a ronzare. Dovevo fare qualcosa e mi sono salvata calandomi addosso quell'abito emotivo che per anni mi ha accompagnato nelle occasioni di convenienza. Da quel momento non ero più io ma quella che la gente si aspettava che io fossi, come mia madre mi ha sempre imposto di essere.
Tornata a casa ho pianto.
Non sono riuscita a parlare veramente con qualcuno, non ho ricordato nulla dei “bei tempi andati” e non sono nemmeno riuscita a gustare la cena. Il problema (se tale si può definire) è certamente mio e non degli occasionali convenuti.
Non ho amici con cui condividere il mio tempo libero, ma non mi sono mai resa conto (finora) di essere io stessa il motivo di tale situazione. In realtà sto bene da sola, ho la possibilità di gestire il mio tempo a piacimento dedicandomi agli hobby che coltivo: la lettura e la scrittura. Amo anche fotografare, ricamare, cucinare e tante altre cose che, tuttavia, non richiedono necessariamente la presenza di altri per essere piacevoli distrazioni.
Non so se riuscirei a fare una nuova “cena di gruppo” (almeno per adesso), ma mi è rimasto il desiderio di conoscere meglio le persone con cui ho passato anni di quella gioventù a me sconosciuta. Sento la necessità di avvicinarmi a loro per capire quella parte di me che hanno portato a galla. Magari iniziando da uno alla volta.

Credo dovrò lavorarci un po' su a questa cosa. Misantropia: non credo sia una qualità positiva. Vero?


Susanna  06.12.2015

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