31 maggio 2012

COME UN ANGELO - 5

Come un angelo
(…i bancari hanno un’anima?)



5.      Una squadra vincente

Spesso si sente dire che banche non sono tutte uguali. Non so se sia una banalità, ma sicuramente, a parità di struttura e di regole, è il carattere degli impiegati a dare un’impronta positiva o negativa agli occhi della gente. Una buona squadra, unita, lavora meglio e di conseguenza è più disponibile verso la clientela.  
L’affiatamento tra colleghi è uno degli aspetti che ognuno di noi cerca sempre di salvaguardare e, quando ci sono dei trasferimenti, siamo sempre tutti ansiosi di conoscere il nuovo arrivato con la speranza che diventi presto uno “dei nostri”. 

Da qualche giorno è giunto un nuovo funzionario, che ha il compito di gestire i contatti diretti con la clientela. Purtroppo stavolta il personaggio non è dei migliori.
Maurizio – dottor Fianchetti, come ha subito sottolineato nel presentarsi – è un ometto alto poco più di un metro e mezzo, con abiti che ondeggiano sul suo corpo come poggiati sui bastoni di uno spaventapasseri, radi capelli neri pettinati indietro e fissati alla calotta cranica con abbondante gelatina – è gel, mi sussurra Giorgio, che se ne intende – e con una terribile puzza d’aglio che fuoriesce da ogni cavità. Ha voluto fossimo tutti presenti al suo saluto. Più che un buongiorno, è stato un assalto verbale nei nostri confronti con il conseguente elenco di cosa che lui avrebbe cambiato – perché qui è tutto un disastro e non so come facciate a lavorare con tutto questo casino, non ci sono regole né rispetto della gerarchia – e man mano che l’invettiva proseguiva mi si insinuava il dubbio che non avesse mai conosciuto qualcuno come il mio tutor anziano e le sue teorie su angeli e cortesia .
Siamo rimasti a bocca aperta, senza capire esattamente ciò che diceva. Un po’ per il contenuto, che rasentava l’assurdo, ma soprattutto a causa di una forte balbuzie che lo faceva incespicare e soffermarsi più di una volta su ogni parola. Sarebbe stata una situazione comica, se non avessimo visto il buio per i giorni a venire. E pensare che ero così felice di essere stata promossa dal servizio di cassa a quello diretto con i servizi per il pubblico. Vedrà che qualcosa di buono ne verrà fuori, sosteneva ogni giorno Piero per rassicurarmi, preparandomi il cappuccino.
È passata solo una settimana dall’arrivo del dottor Fianchetti e nemmeno la sua balbuzie ci fa più sorridere. È sufficiente sentire la sua voce per avere brividi di fastidio, quasi un graffiante gessetto stridesse sulla lavagna, dettando ordini al limite dell’impossibile e dell’inumano. Anche i clienti sono infastiditi: dapprima dal suo atteggiamento, poi dal vomitevole odore di aglio rancido (una spremuta d’aglio fresco ogni mattina è un toccasana per la salute!) e non ultimo dalla sua voce. Ma rassegnati, noi cerchiamo di sopperire al meglio, mediando con i clienti e by-passando la sua autorità finchè è possibile.
Ma la catastrofe si sta avvicinando: ecco il signor Vincenzo.
Il signor Vincenzo, spocchioso e ricchissimo commercialista, un uomo di quelli che si sono fatti da sé, cliente odiato da qualsiasi impiegato di banca per l’usanza di andare a lamentarsi di ogni cosa direttamente dal più alto in grado per il semplice gusto di veder riconosciuto il proprio potere economico, è entrato con passo deciso e con lo sguardo truce.
Chiede a Sandro dov’è il capo sala e, al blando tentativo di essere dirottato altrove, lo guarda con il suo solito grugno da lei-non-sa-chi-sono-io!
Giorgio, allora, interviene indicandogli la scrivania di Maurizio, che si è momentaneamente alzato per prendere dei documenti. Il signor Vincenzo, senza indugiare, si dirige risoluto verso il posto indicato. Non attende inviti, ma poggia pesantemente il suo voluminoso deretano e tutti i suoi centoventi chili per un metro e sessanta di altezza sulla poltroncina della scrivania di Maurizio, che cigola pietosamente.
Nella sala cala un silenzio d’attesa. Guardiamo Giorgio con aria interrogativa, mentre lui risponde con il sorriso di chi ne ha pensata una di bella.
Maurizio ritorna verso la sua scrivania e, alla vista di uno sconosciuto mollemente sprofondato nella sua poltroncina, inizia a sbraitare paonazzo:
«C-c-c-chi  si c-c-c-crede  d-d-d-di  e-e-e-ssere?»
A quelle parole, il signor Vincenzo balza in piedi con uno scatto che sorprende tutti e inarcando la schiena quasi a cercare la forza nelle sue parole, ribatte.
«S-s-s-se  v-v-v-vuole  p-p-p-prendere  in  g-g-g-giro…»
Li abbiamo lasciati urlare per qualche minuto, mentre richiedevano uno all’altro delle spiegazioni con frasi sempre più sconnesse a causa dell’ira, prima di intervenire. Eravamo tutti piegati in due dal ridere: clienti e dipendenti. Poi abbiamo chiarito a entrambi che anche l’altro era balbuziente e non era una beffa. La scena è stata da oscar, degna di un finale teatrale con ovazioni. Forse non è parsa una cosa molto carina, ma l’episodio ha risollevato il morale a tutti.
Adesso, mentre sono al bar di fronte al mio solito cappuccino, sento gli altri avventori che riportano il fatto a chi non era presente, e ridono. Mi si avvicina Piero, il barista che la sa lunga, che con la solita strizzatine d’occhio ribadisce «Vede, Anna? Non tutto il male viene per nuocere!»


Fine 5^ puntata.
à continua…


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