14 aprile 2012

EMOZIONI OLTRE I CONFINI

Sono entrata nella chat per gioco. Non sapevo cosa fosse, né cosa dovevo aspettarmi, ma mi sento sola e mi trovo a passare le mie ore di libertà dal ritmo frenetico d’ogni giorno, qui, davanti ad uno schermo ascoltando e parlando con persone sconosciute.
Oggi ho parlato con lui. Sì, so che è una scemata quando lo dico. E anche questa la è, perché, in effetti, io non sento e non parlo, posso solo leggere. Ecco cosa intendevo: ho parlato con lui, nel senso che ho letto ciò che mi ha detto, e gli ho risposto allo stesso modo. Via e-mail. Un rapporto strano, il nostro, ma di una dolcezza infinita. Potrei vederlo, e magari un giorno lo farò, ma ora no. Non me la sento. Perché quando accadrà sarà tutto diverso.

A volte sulle riviste ci sono articoli sui di noi: i disabili, ci chiamano, quasi fosse un’abilità quella di sentire e parlare dalla nascita. Dicevo (e va bene, permettetemi questo termine, anche se non so esattamente come sia) che ci si sono articoli in cui si evidenzia come una mancanza sensoriale sia supplita con maggiori sensibilità. Forse è vero, ma io non so certamente giudicare. Come posso sapere se ho maggiore abilità in altri sensi? E come posso valutare se ciò è preferibile a sentire e parlare? Io non so cosa significa, quindi lo accetto e basta. Anzi, quando m’imbatto su giornali che ne parlano (e sia, ancora questa parola!) faccio spallucce e vado oltre.

I miei primi giorni di chat li ricordo ancora: ero spaesata, domande a raffica, qualche proposta “osé”, talvolta insulti gratuiti. Qualcuno è scartato subito, con altri ci s’intrattiene di più. Passano le ore e i giorni, davanti a questo schermo. Ricompaiono i soliti nick, con qualcuno si entra in confidenza.
Poi arriva lui: una sintonia immediata, quasi il fato abbia voluto farci incontrare, si parla di tutto, dei problemi d’ogni giorno, scopriamo molte affinità e da cosa nasce cosa.
A lui posso raccontare tutte le mie sensazioni, le mie angosce e i momenti belli. Lui capisce, non c’è bisogno di spiegare. Uno strano feeling ci unisce, quasi una forma di telepatia. Anche lui si confida con me: sa che io non giudico e che ascolto. Siamo amici, complici, compagni in ogni situazione, anche le emozioni fisiche sono quasi palpabili. Poi il desiderio di vedersi s’insinua in noi. Non è più sufficiente la chat, le lunghe e-mail, gli SMS a tutte, per lui tutto è possibile, e lo è anche per me mentre ci parlo assieme.
Ma la realtà entra in gioco quando si chiude la chat. Io non cerco un marito, non cerco il sesso, forse… Non so cosa sto cercando! Questa persona è diventata importantissima per me, al punto che non sopporto d’averla solo nei ritagli di tempo. Ma so che non sarà mai mio. E allora cosa fare?
Giro questa mia angosciosa domanda ad un nuovo amico di chat, una persona sensibile che cerca di essermi d’aiuto sentendo il mio tormento. Il risultato è catastrofico. Essermi amico è solo un mezzuccio usato per avvicinare una “preda indifesa”. Senza nemmeno rendermene conto, mi trovo nel bel mezzo di uno spettacolo via cam, organizzato solo per me!
Mi sento stupida.
Voglio disinstallare la chat. Poi ci ripenso. Non sono tutti così.

La notte arriva, nonostante tutto.
            Sono qui, stesa sul mio letto. Solitario, come sempre. È molto bello avere un gran letto a disposizione: altro luogo comune, coniato da chi il letto non lo ha mai tutto per sé.
            Non guardo (stavolta sì, questo è un termine che posso usare a pieno titolo) mai la televisione la sera. Forse se alle immagini si aggiungesse dell’altro, quegli spettacoli avrebbero un altro gusto. Io non li capisco, ma devono essere divertenti. C’è un’alternanza di inquadrature: una persona sul palco, muove la bocca, fa delle moine. E poi ecco lo stacco sul pubblico. Che ride (lo vedo dalla bocca allargata e dai denti in primo piano) e che applaude. A volte le risate sono davvero di forte intensità. Lo desumo da come si vede oltre la bocca, oltre la fila di denti, giù fino ad arrivare quasi alle tonsille. Se la spassano davvero, quelle persone. Ma io no. Allora sintonizzo ugualmente il canale televisivo sugli spettacoli e poi mi stendo a letto con un libro. 
            Leggere mi fa volare con la fantasia, la TV accesa mi dà l’impressione d’essere meno sola, con quelle persone che si muovono avanti e indietro.

            Una luce intermittente mi segnala che qualcuno suona alla porta. È un modo che usiamo noi “non udenti” per sapere quando è azionato il campanello. Ho una luce in ogni stanza: una piccola lampadina posta in un angolo del soffitto, non collegata alla rete elettrica ma ad un piccolo gruppo elettrogeno autonomo. In questo modo non rischio di essere “tagliata fuori del mondo”.
Non aspetto nessuno, quindi non mi alzo. Sarà qualcuno che ha sbagliato appartamento. Ma il segnale continua, e quella lampadina rossa che continua a pulsare nell’angolo della stanza inizia a darmi i nervi.
            Afferro il telecomando della TV e pigio il tasto del volume. Sullo schermo appare il segnale in sovrimpressione che m’indica che dall’apparecchio non esce nessun rumore. Una volta, senza rendermene conto, avevo schiacciato il tasto sbagliato e il volume di una scatenata trasmissione di musica si era diffuso per tutto il palazzo. Non era stato facile spiegare ai vicini che quello non voleva essere un segno di mancanza di rispetto alle regole condominiali.
Niente. La luce continua. Decido di alzarmi e mi dirigo verso la porta. Lo spioncino è l’unico mezzo che mi può aiutare a capire chi si trova dall’altra parte della porta. Spero non ci siano impedimenti alla visione, altrimenti me ne tornerò tranquilla a letto senza più badare alla luce che mi scuote.

Un uomo. Non giovane, certamente di almeno una ventina d’anni più di me. Sulla bocca un sorriso, ma la tensione che traspare dal suo viso è palpabile. Si guarda attorno, sbircia la targhetta davanti al mio campanello, a fianco alla porta. Vedo il suo braccio muoversi, e la lampadina lampeggia. Di nuovo. Non pare abbia intenzione di andarsene. Ma io non lo conosco, quindi torno sui miei passi.
Sul letto, il mio libro, il cellulare e il computer portatile. ho usato il PC solo un’ora fa, per parlare con lui. Mi sono sfogata, e nello scrivere ho pure pianto. Beh, nulla d’eccezionale, in effetti, solo la consapevolezza d’essere sola anche quando avrei voglia d’affetto, di un contatto umano. Continuo a tenere PC e cellulare vicino a me, nella speranza che lui mi avverta dicendomi “mail in arrivo”. Ma ancora nulla.
Il vibracall mi fa sussultare. Guardo il display: 1 messaggio non letto. Il mio pollice si muove veloce sui tasti e appare per prima cosa il mittente. È lui. Ma al posto della frase attesa, delle parole nuove: apri la porta, sono io.
Istintivamente controllo l’angolo in alto della stanza. Sì, lampeggia ancora. Schizzo su dal letto, senza badare all’abbigliamento, e corro all’ingresso.

Lui è qui, in piedi, davanti a me. I miei occhi entrano nei suoi, verdi come una serena e tranquilla prateria nel Vermont, e attraversando la sua testa dolci pensieri e piacevoli parole, mi avvicino al suo cuore, bianco, puro, delicato. Andando oltre arrivo lì e sulle gote sale un rossore, mentre il cuore accelera e la mia mano si allunga in cerca della sua.
Per la prima volta non rimpiango la mancanza di parole, non servono. Lui mi parla con gli occhi, con il cuore, con il corpo. E mi lascio guidare docilmente in un vortice di emozioni.
Lo avevo immaginato spesso, poiché mai avevo visto il suo viso, nemmeno in una foto: la forza che traspare dalle sue parole che mi fa sentire protetta, anche la sua voce appartiene alla mia fantasia, la sua costante presenza in ogni momento della mia giornata, nonostante la reale distanza. Pare incredibile quanto io lo senta vicino. Un sentimento così particolare ma intenso.
Si avvicina alle mie spalle. Istintivamente sussulto e vorrei girarmi, ma le sue forti mani mi prendono le spalle tenendomi ferma in quella posizione. Stranamente non mi sento spaventata, nemmeno quando sento la sua bocca poggiarsi dolcemente nell’incavo del mio collo, baciandomi e il suo corpo aderire al mio. Non m’interessa altro che perdermi nella dolcezza dei suoi gesti. Sento che il mio desiderio sale e il suo corpo che aderisce al mio, non mette dubbi che anche lui mi desidera.
Sento le sue labbra avvicinarsi alle mie e il calore del suo bacio diffondersi sul mio corpo. Non so quando è successo, ma non ho più nulla addosso: c’è solo il suo corpo che, seguendo le mie curve, mi riscalda, una pelle profumata, la sua, di una fragranza che sa da bosco.
Non ho nessuna voglia, ormai, di aprire gli occhi, quasi siano incollati, e la mia bocca non desidera altro che godere della sua sensualità, lasciandosi mordicchiare le labbra e non opponendo nessuna resistenza alla sua lingua che s’insinua per esplorarla alla ricerca della mia lingua con cui improvvisare una magnifica lotta, senza vincitori né vinti. Il suo desiderio di perdersi in me, mi fa sentire importante: è bello essere finalmente importante, e non solo necessaria. Sento il mio corpo vibrare assieme al suo, in uno scoppio di piacere.

Sento che mi accarezza e che riempire il cuore con quell’amore che sempre ho desiderato avere. Ha un suono dolce, il suo corpo, così come immagino debba essere la sua voce: carezzevole, forte, rassicurante. E piena d’amore. Per me.
Il mio respiro accelera, e anche il suo. Lo sento fremere mentre il suo piacere si unisce al mio. Voliamo assieme, e non serve dire nulla. Sono felice e appagata e non voglio staccarmi da lui. I miei occhi sono ancora chiusi e dalla sua bocca non è uscita nemmeno una parola, ma nulla me lo fa sentire più vicino di così.

Un improvviso rumore mi fa sussultare, e i miei occhi, inspiegabilmente non più trattenuti, si aprono: il cellulare, appoggiato sul cuscino, mi accarezza con la sua vibrazione. Sono sola sul letto, alla TV non c’è più il varietà, ma un mezzobusto che con lo sguardo fisso e l’espressione monotona, muove le labbra emettendo suoni che io non posso sentire né comprendere. Il libro è ancora aperto vicino a me.
E’ stato tutto un sogno: un magnifico, dolcissimo, ineguagliabile sogno, assieme all’uomo dei miei sogni.
Il display del cellulare segnala che c’è un messaggio per me: buonanotte, piccola. Io ti sono vicino.
Lo so, amico mio. Buonanotte.

2 commenti:

  1. Un buon racconto SU, sei brava nello scrivere, si sente che ci sei dentro tu

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  2. Grazie GIU, sto cercando di ritrovare la vena. Io sono dentro in ogni cosa che scrivo. Come ogni persona che racconta...
    Ciao!

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